Il Dottor Robinson e Mr. Cosby

A chi ha meno di trent’anni il nome Robinson non dice quasi nulla, ma a chi come me ha (purtroppo) superato questa soglia critica evoca un allegro ricordo, un telefilm simpatico che sdoganava in televisione una famiglia di colore ricca e colta.
In quegli anni (venne trasmesso per la prima volta sugli schermi nazionali nel 1986 da Canale Cinque) non si incontravano in Italia molti uomini di successo afroamericani, quindi, almeno per me, giovane mente semplice, era una curiosità esotica imperdibile.
Non era la prima sit-com del genere: avevamo già riso come matti con la famiglia Jefferson (che i più giovani di noi hanno potuto vedere recentemente su Fox Retro), ma i Robinson erano differenti. Questi ultimi vivevano a Brooklin con i cinque figli, i primi a Manhattan ne avevano uno solo. Claire, la bella moglie del dottore, sprizzava perfezione anni ottanta da ogni poro: bella, elegante, sicura di sé e avvocato di successo; Whizzy Jefferson è al contrario una casalinga tracagnotta. Entrambe mettono in riga i rispettivi mariti alla bisogna, ma le somiglianze finiscono qui.
I Jefferson sono la tipica sit-com degli anni settanta, mentre i Robinson sono figli degli anni ottanta.

La serie originale ha un titolo completamente differente: The Cosby Show; anche il vero cognome della famiglia è stato modificato da Huxtable in Robinson, considerato più accattivante e musicale per il pubblico italiano.

I Robinson sono una famiglia alto borghese, colta, spigliata, stabile e molto legata; i figli descrivono al pubblico lo sviluppo nelle varie età della vita, dall’infanzia all’età adulta, con tutte le tematiche e problematiche connesse, ma sempre con realismo e fedeltà.
Io adoravo il dottor Robinson, forse perché era doppiato dall’immenso Ferruccio Amendola, o forse perché aveva la faccia rassicurante e serena di Bill Cosby.
Ricordo che ai miei giovani occhi i membri della famiglia Robinson erano veri: se erano così sullo schermo dovevano esserlo anche nella vita! Ero convinta che Theo fosse il vero figlio di Bill Cosby e che Claire fosse esattamente come la vedevo in televisione.
La Fantasia si era fissata sulla Realtà sostituendola; era qualcosa che mi succedeva spesso (e mi succede ancora a volte… a voi no? Siete così sicuri?)  quando guardavo un film: ci entravo dentro e tutto quello che vedevo doveva essere per forza vero perché era lì davanti a me.
Poi diventi adulto e i Robinson entrano a far parte della tua storia di cine-tele-visionario.
Una mattina navigando fra le notizie leggi che Bill Cosby è accusato di stupro da una lunga, quasi infinita ed incredibilmente imbarazzante teoria di donne.
Ci rimani male, ma non troppo; di queste storie ne senti in continuazione, lo “storicocritico” del cinema che alberga in te ne vede ogni giorno. Falso. Ci rimani male perché anche se conosci la storia a menadito (Michael Jackson, Arbukle, Lana Turner, O.J. Simpson) e sai quanto siano malamente illuminati i Boulevard di Hollywood, il fondo del bicchiere che ti hanno rifilato al Trocadero ti lascia sempre il retrogusto sabbioso e salmastro del vino di pessima qualità appioppandoti un rumoroso mal di capo nel giro di poche ore.
L’America si divide, e come dargli torto? Credo che tutti, soprattutto laggiù, abbiano ricordato con un brivido l’inseguimento di O.J. sulla Bronco bianca, ripensando a quei giorni di ordinaria follia di tanti anni fa; l’oscuro circo nero dei mass media si è messo in moto e l’ha fatto con tutti i crismi. Colpevole o innocente? Il New York Times, nell’estate del 2015, pubblicò la notizia secondo la quale lo stesso Cosby si era già dichiarato colpevole nel 2005 di aver utilizzato il Quaalude (noto anche come Metaqualone, un potente sedativo ipnotico) per abbassare le difese di alcune donne allo scopo di avere con loro rapporti sessuali, pagandole poi per evitare che le notizie arrivassero alle orecchie della moglie Camille. Quindi: caso chiuso.
O no? No, non è chiuso, visto che le accuse si sono successivamente moltiplicate, amplificate a dismisura e sono esplose come bidoni di Napalm nella giungla.

Giunti a questo punto ci tengo a sottolineare che questa è una Officina e non un tribunale, quindi non disquisiremo di sottigliezze lessicali utili alla difesa o all’accusa. Se cercate un tribunale che avveleni ulteriormente la rete, mi dispiace ma qui non lo troverete. Ha confessato, e questo è più che sufficiente.

Il mio vero interesse è legato a quello che sta sullo sfondo di questa vicenda.
Non il pettegolezzo o lo scandalo, intendo proprio quello che avviene nella testa delle persone quando leggono queste notizie. M’interessa cercare di capire perché ogni maledetta volta non si riesca a distinguere la Realtà dalla Finzione. Il buon vecchio Coleridge lo urla ai quattro venti ormai da anni, ma noi rimaniamo sordi e ciechi alle sue suppliche. La sospensione dell’incredulità ci raggira ogni sacrosanta volta. Anch’io da giovane sovrapponevo il vero e il falso, la realtà e la finzione; anche ora se non sono vigile ci cado dentro come Alice nello specchio.
Cliff/Bill erano in fondo la stessa persona.
L’amato figlio Theo era la fotocopia sputata di Ennis (l’unico figlio maschio dei Cosby morto durante una rapina in strada nel 1997), anche le figlie e la moglie erano la fotocopia della sua (perfetta?) famiglia. Peccato dimenticarsi sempre che il Mulino Bianco è uno spot pubblicitario e che Tolstoj diceva il vero quando affermava che le famiglie felici e infelici lo sono sempre a modo loro. Non si riesce mai (nemmeno i giornalisti a quanto pare ci riescono, oppure fanno i p. mentendo alla seconda) a vedere il belletto sul volto e la chiusura lampo sulla schiena del mostro. Poi mi chiedo: Cosby è un mostro o un uomo come tanti altri. Ognuno di voi potrebbe giustamente obiettare: No! Non siamo tutti come lui! Ne sono consapevole, ma sono comunque troppi quelli come lui.
La moglie lo difende a spada tratta e non mi sconvolge, ma mi rattrista.
Sono sposati dal 25 Gennaio 1964, hanno cinque figli e tanti, troppi soldi sul conto corrente. Sono una creatura cinica (e lo so), ma Camille si comporta come molte compagne di uomini famosi e potenti: salva a ogni costo con le unghie e con i denti il Fortino.
Lo fanno perché hanno solo quello: i figli, gli anni spesi assieme, il mondo esterno che le vede, le soppesa e le giudica. Suppongo sia difficile essere la moglie dietro le quinte, soprattutto di uno come lui; un uomo di spettacolo famosissimo in tutto il globo che durante la gravidanza del figlio Ennis disse alla moglie in uno show televisivo “… meglio che stavolta sia un maschio, hai sentito Camille?”. Una frase comica che letta così, fuori dal contesto, puzza di minaccia, di antiche credenze e supremazia testosteronica.
Non possiamo sapere se Cosby nella vita privata è violento e dopo tutto non credo lo sapremo mai, ma questo ora non è importante. Quello che ribadisco è la difficoltà di una donna nel vivere una vita come quella, fatta di soldi, potere, fama, felicità, (false?) amicizie importanti, ma pur sempre all’ombra di qualcun altro.
Quindi la sospensione dell’incredulità vale anche per la moglie e i figli di Cosby; anche Phylicia Rashad/Claire, coprotagonista dei Robinson, lo difende con veemenza: la vita e l’arte (o l’arte della vita) che si mischiano senza soluzione di continuità. Nella realtà probabilmente Camille non è così salda, l’ha cacciato via dalla stanza da letto e forse nemmeno si parlano.
Nel tessuto Vero/Falso anche due dei “familiari” del dottore si sono ribellati e non meraviglia che i “ribelli” siano Denise (la Lisa Bonet che tutti ricordiamo come protagonista del meraviglioso Engel Heart, ascensore per l’inferno, il cui topless promozionale le costò l’allontanamento dalla serie da parte di Cliff/Bill e per essere stata l’invidiata moglie di Lenny Kravitz) e Kendall, rispettivamente figlia secondogenita e suo marito militare. Ribelli nel telefilm e a quanto pare anche nella vita.
Kendall/Jhosep C. Phillips, in un documentario andato in onda su Crime Investigation dedicato proprio al caso Cosby, ha dichiarato che inizialmente non poteva credere a simili accuse; sul set passavano molte donne, ma non ci vedeva nulla di strano. Cambiò idea, con dispiacere ed incredulità, dopo che una sua amica gli rivelò di essere stata “vittima del dottore”. Zoe Kravitz, figlia di Lisa Bonet, ha detto che la madre è “disgustata e preoccupata e se sapesse qualcosa lo direbbe”.

Le accusatrici di Cosby non sono solo emerite sconosciute. Tra loro ci sono volti talmente noti da rimanerne stupiti: Janis Dickinson, la Top Model per antonomasia, Carla Ferrigno, moglie dell’indimenticabile (e verdissimo) Lou Ferrigno, Cindra Ladd, moglie del produttore Alan Ladd Jr. (colui che diede il benestare a Lucas per la realizzazione di Guerre Stellari). Non solo “cacciatrici di dote”, ma anche donne baciate dalla fortuna e che di certo non hanno bisogno di pubblicità o denari. Potreste dirmi: “Sei certo Capo Officina che queste donne non siano le solite femministe tossicomani che odiano gli uomini e cercano di screditare un povero maschio?” Se la vedete così, beh, sono problemi vostri e non miei, davvero.
Potremmo andare avanti all’infinito con ipotesi, idee, maldicenze, ma non andremmo da nessuna parte.
Personalmente mi stupisco delle reazioni dei Media, anche italici, che definiscono l’attore come un Henry Jekill, un mostro, un sadico stupratore che mai si era visto nella storia del crimine.
Non m’indigno di certo perché è accusato di nefandezze (ricordiamo a chi lo avesse dimenticato che si è dichiarato colpevole già nel 2005); la cosa che mi lascia sempre perplesso è quella che definisco la “Corsa al Guinness oscuro dei Primati”: quel compiacimento che la cronaca trova ogni volta nel definire un accusato come “Il peggiore di tutti”. Ho l’impressione che si cerchi un Mostro, non nel senso comune del discorso (ovvero il cattivo e deforme figuro), ma nel reale significato del termine: l’eccezionale figura aberrante che devia dalla norma. Quel Mostro che ci spaventa, atterrisce, incuriosisce e che vorremmo vedere, ma solo con le mani sugli occhi come se la notizia precedente potesse essere spazzata via dalla successiva, perdendo di vista che “la notizia” è la vita di tante persone, che è spezzata per sempre; un suono di sottofondo che distrugge tutto al suo passaggio.

Il caso è aperto, e rimarrà tale per diverso tempo, ribadisco di non trovare corretto pronunciare un Verdetto, non sappiamo ancora se le nuove accuse piovutegli addosso lo incastreranno o meno (ho evitato di proposito di inserire la politica e la questione razziale), è un compito che lascio ad altri molto più qualificati di me. Certamente il processo della Santa Mediatica Inquisizione procederà spedito e senza intoppi, spunteranno numerose testimonianze, molte degne solo dell’Enquirer, altre di un tribunale federale; l’importante è non dimenticarsi mai (ricordatevelo almeno voi) cosa accadde a Fatty o a Jackson. Ricordatevi anche il nome di Jimmy Saville, quello di William Desmond Taylor (il cui caso è ancora aperto a distanza di 94 anni) e magari anche il nome di Robert Durst, che non è male.

Di tutta questa pruriginosa faccenda però, la cosa che subito mi è venuta in mente (dite la verità: anche a voi!) e che più mi mette i brividi è pensare alla specializzazione medica del dottor Cliff Robinson: era un simpatico ginecologo…

Categorie: Cinematografo, Televisione

3 commenti

  • Fabio Nattero

    Ricorda molto da vicino, sotto certi aspetti, la vicenda di un “Terribile” della tv Uk: Jimmy Savile.

  • GEMINIANO BURSI

    Salve a tutti Voi:

    Tempo fa ho seguito una serie incentrata sui vari serial killer avvenuti dieci e più anni prima in tutto il mondo. Ad un certo punto della trasmissione la voce narrante esprimeva sempre lo stesso interrogativo:” E’ NATO PER UCCIDERE O LO E’ DIVENTATO?”.
    La risposta del tutti dovremmo darci, anche se e’ moralmente/socialmente scomoda/difficile, e’ “SÌ, SIAMO NATI COSI'”
    A famoso cantante italiano in un altrettanto famoso realtà sHoward disse:”IN OGNUNO DI NOI C’E’ UN SECCHIO DI ACQUA PULITA ED UNA DI ACQUA SPORCA”.
    E’ Grazie a tutta una serie di s/fortunate e concatenate coincidenze all’interno dello specifico contesto sociale che, con grande potenza, determinerà la fioritura, o meno, delle nostre singolari peculiarità.

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