L’Amore al tempo degli elastomeri termoplastici: istruzioni per l’uso e il consumo
L’amore sta all’elastomero come il sesso sta alle carote.
Il rapporto vettoriale Spazio/Tempo di Star Trek è andato a farsi friggere una volta per tutte, credo sia chiaro. Ai tempi di Star Trek abbiamo avuto il primo bacio interazziale, ai tempi di X Files il primo figlio ibrido umana/alieno (chissà poi perché non poteva essere il contrario…) ai tempi di Walking Dead l’ipotesi concreta che i preservativi possano finire.
Poi arriviamo al fatidico 2018.
Domani sarà Halloween che nella nostra Officina corrisponde anche alla festa degli innamorati e quindi, siccome il Capofficina è tornato alla grandazza in pista, dopo diverso tempo in cui non ha scritto qui, ma ha comunque lavorato per voi, domani avrete anche il vostro dolcetto al cianuro e uno scherzetto mortale, ma andiamo con ordine, che l’argomento di oggi è succulento, truce e decisamente da tripla X.
Navigando a vista con la bussola rotta mi sono imbattuta nella bellissima pagina dello Youtuber L’Inspiegabile. Uomo dotato di grande fascino, cultura e di una voce davvero da tripla X. Tra i tanti video interessanti ce ne sta uno che definire bizzarro (da tripla Zeta) e agghiacciante è poco.
E’ la storia di Felicity Kadlec, sedicenne (guarda che caso) americana innamorata della sua bambola zombie.
E che c’è di strano? Tutti (ovviamente tutti quelli che non soffrono di pediofobia) abbiamo amato una delle nostre bambole. Io, ad esempio, amo moltissimo la mia Living Dead Dolls ancora oggi che sono un’attempata Capofficina, come nel passato ho amato tantissimo il mio orsacchiotto Aldo, ma qui si parla di un tipo d’amore diverso.
Felicity dice di voler sposare Kelly. Dice che è la sua fidanzata e che la loro relazione sta evolvendo. Anche a livello sessuale.
Hanno un rapporto di coppia, sono una coppia.
Una sedicenne e una bambola (femmina) zombie.
Al di là della pediofobia, ovvero il terrore suscitato dalle bambole, qui siamo davvero in un ambito perturbante. Lo so che sembra la perfetta storia di Halloween, ma di questi tempi, ovvero nei tempi in cui la sociologia, la psichiatria e lo studio delle parafilie la fanno da padrone stiamo parlando di qualcosa di davvero forte. Felicity è un’adolescente (apparentemente) come tante, con amici, ex fidanzatini, una famiglia, una studentessa a quanto pare modello che vive la sua americanissima vita. Peccato che qualcosa, durante l’assemblaggio della sua personalità, è andato maledettamente storto.
Le domande di rito a questo punto sono:
1) Lo sta facendo per farsi pubblicità?
2)La sua famiglia- amici cosa ne pensano/stanno facendo?
3)E’ malata di mente?
4)La sua famiglia la sta sfruttando?
5)E’ una bellissima truffa/scherzo?
E’ davvero bizzarro e perturbante.
La perturbanza proviene dalla faccenda in quanto tale.
Il punto fondamentale è capire com’è possibile che una persona consideri una bambola reale al punto da innamorarsene, di un amore romantico e sensuale. Capire, o almeno tentare di farlo, come sia possibile che un oggetto inanimato diventi oggetto amoroso.
L’amore verso oggetti inanimati non è una novità. La sua nello specifico si chiama Agalmatofilia, l’amore verso statue e affini. Secondo alcuni studi ciò deriva da una forma particolare della sindrome di Asperger ma secondo me va molto oltre. E’ la perturbante idea di amare qualcosa che nella nostra mente è reale, nonostante si possa essere consapevoli di essere al cospetto di una cosa che non ha vita e mai ne avrà.
Ho la sensazione che sia la paura di rimanere soli, il terrore di dover elaborare un lutto, una perdita. L’oggetto non muore, è un eterno costante.
Trovo che si possa considerare tale perturbanza, tale parafilia, la rielaborazione spinta delle sindromi di Renfield, di Cotard e Capgras.
Sono ben consapevole che sto per saltare in aria su una mina da diecimila watt perché non sono una strizzacervelli, quindi: strizzacervelli la fuori, palesatevi che devo fare due chiacchiere con voi, e lo dico da amica della vostra categoria. Sono tutte sindromi legate alla paura.
La prima è la nota sindrome del vampiro mentre le altre sono causate da lesioni delle fibre che mettono in connessione sensazioni ed emozioni. Non è possibile che in una società ipertecnologica ed emotivamente ipertrofica certi soggetti non siano vittime di una lesione di queste connessioni? Voglio dire, diamine, non è plausibile che le tecnologie danneggino certi lobi frontali senza farli sbattere contro nessuna parete (virtuale)? La sindrome di Cotard e quella di Capgras sono qualcosa di davvero grosso. Credere di essere morti e che tutti i nostri cari siano stati sostituiti da sosia.
Viviamo in un mondo dove tutto ormai viene ridotto alla fretta, alla mancanza di tempo da dedicare agli altri, ai rapporti fugaci, scanditi dai social network. Siamo sostituiti giornalmente dai nostri avatar, i nostri sosia, ed è come se fossimo morti davvero, per colpa di tutti questi specchi virtuali che rimandano un’immagine perfetta delle nostre imperfezioni, tirate a lucido per il prossimo, che a sua volta fa altrettanto per noi.
Le bambole paradossalmente sopperiscono la mancanza di tempo. Loro non parlano, non giudicano, non se ne vanno se diciamo delle stronzate o scorreggiamo indefessamente sul divano. Non importa se ci puzzano le ascelle o l’alitosi la fa da padrone. Il loro sorriso idiota rimane lì, indefesso, immobile, più imbecille di noi.
La bambola è l’emblema della costanza, della forza, del rimanere coerenti nonostante tutto. La bambola non si muove. Non muore, non ci lascia e non discute mai con noi anche se siamo dei cretini persi. L’oggetto inanimato, paradosso dei paradossi, diventa il sostituto dell’essere umano che è incostante, volubile, puzzolente, maleducato, incoerente, indeciso e che soprattutto prima o poi ci abbandona o muore.
Io trovo le bambole oggetti molto interessanti, soprattutto quelle d’epoca vittoriana, le reborn e le werepups. Sono oggetti che non risvegliano affatto in me inquietudine, istinti materni, repulsione. Li trovo interessanti in quanto oggetti d’arte, creazioni umane atte a riprodurre una certa tipologia di umanità, una certa valenza attributiva di determinate istanze.
E’ l’attribuzione di caratteri salienti, di particolari segni distintivi che tramite l’oggetto possono essere esacerbati, resi ridondanti, rendere visibili anche a chi non li noterebbe certi particolari dell’essere umano. Le bambole sono oggetti inanimati che imitano persone vive.
In tutta onestà odio cordialmente la bambola Barbie.
Perché è una stronza fotonica. Ha insegnato a milioni di mie compagne di sventura come portare egregiamente le extension platinate, la french manicure e come sorbirsi il maschio impotente e mammone dai capelli mechati. L’unico insegnamento che ti da è come stare correttamente chinata sul water a vomitare senza perdere il sorriso dopo un’abbuffata compulsiva. Barbara è una gran stronza ed è pure una gattamorta, perché non ha organi genitali, non può spalancare le gambe, non può mettere al mondo bambini, non ha nemmeno i capezzoli per allattare, ma vi sembra un giocattolo istruttivo? A me francamente ha rovinato l’infanzia e vi giuro che l’ho sempre ripagata con la stessa moneta.
Felicity ama una bambola. Che è uno zombie. Che è femmina.
sono tre caratteristiche che per forza di cose giocano a suo svantaggio. Ci sono uomini che hanno rapporti sessuali con real dolls, la gente li considera degli eccentrici, ma nulla più. Sono guardati come maschi non alfa, incapaci magari di gestire dei rapporti urbani con l’altro sesso, magari uomini destinati al celibato e alla solitudine, ma nulla più. Qui invece siamo su di un piano diametralmente opposto.
E’ come se la vostra figliola tanto carina vi portasse a casa il classico metallaro borchiato. Oppure se la vostra figliola tanto carina vi portasse a casa la fidanzatina brutta. O come se la vostra figliola tanto carina portasse a casa una creatura proveniente da un’altra dimensione. O come se la vostra figliola tanto carina portasse a casa una fidanzatina morta proveniente da un’altra dimensione dove tutto è possibile.
Dal mio punto di vista la vera repulsione viene dal fatto che è una bambola femmina e zombie. Se fosse una real doll le cose sarebbero differenti.
Kelly è principalmente un’ unreal doll. Una riproduzione di qualcosa che nella vita reale, concreta, non esiste, se non in un obitorio di Senoia. E’ un giocattolo macabro che una ragazzina (forse) sbiellata ha trasformato in oggetto d’amore romantico. In qualcosa che prima non c’era, e che è andata a sostituire un ipotetico fidanzato/fidanzata reale. La società la allontana perché Felicity ha scelto di innamorarsi di un oggetto brutto, perturbante, palesemente fasullo e dello stesso sesso. Ci sta dentro senza ombra di dubbio anche una forte componente omofoba, se non sbaglio la signorina viene da uno degli stati del Sud, l’Alabama credo e già questo non è d’aiuto. E’ afroamericana. E’ strana.
Di certo c’è anche una profonda componente repulsiva legata all’idea di svilire il rapporto d’amore, di coppia, di condivisione umana ed empatica.
Irene Gianeselli, di Globalist Syndication fa giustamente notare l’orrore di un horror vacui come Harmony, il primo robot del sesso. Harmony (il nome è tutto un programma, e non solo un programma informatico) è una real doll con cui fare sesso, una cerbiattona indifesa che con voce da gattina miagolante risponde a semplici domande. Il robot è, secondo la Gianeselli (e ha ragione da vendere) “un involucro su cui sfogare istinti e pulsioni”. In fin dei conti è davvero questo che accade. La semplicità di rapportarsi e interfacciarsi con un oggetto che non ci potrà mai contraddire. Felicity ha raggiunto il suo scopo.
Siamo davvero di fronte a un baule di domande senza (apparente) risposta.
Certo è che il caso fa discutere, solletica i viziosi, indigna i benpensanti e rende la tripla X obsoleta e superata.
A questo punto a me rimangono alcuni dubbi.
Mi sono chiesta: se fosse stato un bambolo zombie? Ma soprattutto continuo a chiedermi: ma come cacchio fanno a fare sesso? Ai poster degli Youtuber l’ardua sentenza…
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