Dolcetto al cianuro, scherzetto mortale: fenomenologia della merceologia moderna…
Le feste dovrebbero essere solenni e rare, altrimenti cessano di essere feste.
(Aldous Huxley)
Festività incombenti!! Come minacciato ieri, eccoci nuovamente qui!
Dopo tanto tempo in cui il vostro Capofficina ha scritto a destra e a manca tranne che in questo lurido capannone, ecco che puntuali come le cartelle di Equitalia siamo qui a parlare un po’ di oscurità, notti senza fine e feste allegre come il funerale di Lady D.
Oggi è Shamain, poche pippe gente mia. Ieri mi sono sfogata dicendovi cosa penso della Barbie, oggi invece ho voglia di dire due cose su come il commercio ha ucciso tutte le feste, manco l’epifania fa danni così devastanti.
Non farò la professoressa di Antropologia delle religioni, se volete saperne di più su cosa sia Shamain cercate in biblioteca e non qui sull’internet un bel libro del prof. Introvigne oppure della defunta Gatto Trocchi, visto che loro ne sanno molto più di noi poveracci, che ci passiamo soltanto attraverso con la nostra candelina in mano e il capo chino, che non si sa mai che non fai arrabbiare qualcuno.
Quello che mi turba del mercato moderno è la facilità con cui le feste vengono sostituite al ritmo vertiginoso di una ogni uno/due mesi.
Un tempo c’erano Natale e Pasqua. Timidamente, perché ai tempi dei miei genitori si faceva festa per la befana e non per il compleanno di Gesù (doverosa citazione del Sergente Maggiore H).
Nel nord dell’Italia e dell’Europa i bambini festeggiavano San Nicola e quei fortunelli di lingua tedesca potevano godere del Krampus quando la Dolce Euchessina finiva (poi vi chiedete perché sono esistiti Auschwitz e San Saba?).
Arrivarono i favolosi anni cinquanta e assieme ai Persuasori Occulti di Vance Packard nacquero i Ragazzi, la nuova categoria merceologica a cui da allora si fa parte dai 12 ai 56 anni. A cui potevi vendere di tutto, dal deodorante Teen Spirit ai vinili di Elvis alla brillantina Linetti. Passando per i preservativi Gold One e le barrette Kinder.
Bene, dopo aver fatto un riassunto per chi non ha tempo di acculturarsi, passiamo al mio turbamento merceologico.
Come vi dicevo mi sconvolge non poco pensare a come le logiche di mercato abbiano fatto una cosa che manco i Romani nella temibilissima Albione o i cristiani ai tempi di Olaf IV in Norvegia: hanno ucciso i sentimenti religiosi dei popoli che ha conquistato senza nessun riguardo verso i poveri dei soppiantati, così, di sana pianta.
La logica di mercato ha portato via tutte le feste, per crearne una immensa, senza fine, dove ognuno di noi può trovare qualcosa: la logica di mercato è figlia di Barnum.
Phineas Taylor Barnum che diceva una cosa che non fa una piega, anzi due: nasce uno sprovveduto ogni minuto e che nel suo circo tutti potevano trovare qualcosa che faceva al caso loro. E se volessimo proprio essere pignoli diceva pure che se in una strada c’erano un centinaio di persone forse tra loro c’erano sette od otto intelligenti. Lui lavorava per gli altri novantadue.
Barnum ha inventato (in)consapevolmente il mercato e il consumismo moderni. Ha capito che le persone hanno bisogno di essere turlupinate ben bene per sopravvivere al logorio della vita moderna.
Puoi mangiare sano e sentirti in forma ma l’amaro Lucano poco serve se prima non ti sei fatto un digestivo Antonetto. La pubblicità è l’anima, la spina dorsale, il contenuto speciale del commercio; senza, la vita moderna, ma non solo quella, perde senso.
Il contenuto lo ha perso tempo addietro, quando si è deciso che la pubblicità è figlia di satana e come tale deve essere epurata. A un certo punto si è capito che la pubblicità e la propaganda nazista si somigliano tantissimo e i pubblicitari sono diventati madmen.
Quando i disegnatori sono stati soppiantati da psicologi, sociologi, antropologi e -ologi di varia estrazione le cose sono un poco sfuggite di mano.
Oggi noi ci troviamo perennemente sotto attacco festivo: Natale, epifania, San Valentino, festa dei sinlge, festa della donna, della mamma, del papà, ferragosto, Pasqua, Halloween, natale a ruota e tutto ricomincia, considerando che ne devo aver tralasciate dieci o quindici di cui non conservo memoria.
L’unica festività che ha sempre avuto un senso è proprio il Shamain, l’Halloween che dalle pagine poetiche di Bradbury e King è finito svilito e afflitto dentro discoteche, locali, balere e cocktail bar, lounge bar e sale bingo.
Se poi passate oggi nei dintorni dei più famosi centri commerciali delle vostre località vi accorgerete che campeggiano già ignoranti e spocchiose le luci che incitano allo “XMAS” che francamente, a me fanno tanto pensare alla frase di dannunziana memoria che non ho voglia di dirvi, tanto siete tutti colti a sufficienza.
E’ un termine anglofono, gli anglofoni ci hanno preso per il culo anni a causa del signore pelato che li definiva malefici albionesi e poi, che fanno? Ci fregano pure gli acronimi. Vedete che non c’è più religione?
Improbabili casalinghe, bambini urlanti, cubiste succinte, metallari disperati, adolescenti Emo, veline, calciatori. Tutte le possibili categorie merceologiche rappresentate nel paniere dell’Istat sono pronte a far festa, una qualsiasi, sia ben chiaro.
Il commercio ha svilito quelli che un tempo erano momenti, riti solenni, passaggi fondamentali tra la vita e la morte, il buio e la luce, il microcosmo e il macrocosmo. Solenni riti di passaggio, purificazione, straniamento, viaggio che nei tempi sono stati ridotti a merci da acquistare e consumare nel minor tempo possibile, per lasciare posto alle prossime.
Merci che perdono valore in fretta e che non sono più buone per l’anno dopo. Un gioco di ruolo dove i ruoli s’invertono, perdono di senso, dove significante e significato non hanno senso, valore e dignità.
Le feste imposte dal commercio forse un giorno perderanno di senso, si svuoteranno di quella disposofobia bulimica che uccide la ragione.
Un giorno torneremo alla sacralità delle feste, ritorneremo al senso profondo di festeggiare, che non è altro che rendere grazie agli dei, non importa quali, quelli in cui ognuno di noi è libero di credere e pensare, perché viviamo dentro il cuore del mondo. Rendere grazie per la vita stessa, l’unica cosa che conta davvero.
Oggi finalmente posso festeggiare il mio lato oscuro. Sia chiaro: lo faccio ogni giorno, ma oggi lo posso fare alla luce del sole, anzi alla luce della luna.
Il lato oscuro che tutti temete e che invece è il più sacro; proprio perché in ombra è il più delicato, prezioso, solenne, da tenere segreto. Tutti lo temete perché vi parla di quello che siete veramente: animali, animali tra i più meravigliosi di Madre Terra.
I figli preferiti, ma che hanno preferito diventare altro: categorie merceologiche, perché è più facile controllare una categoria che l’individuo. Il singolo che agisce usando il proprio cuore, il proprio istinto primordiale che non sbaglia mai, che ama e distrugge nel medesimo istante, che plasma, fonde e uccide con un solo sguardo.
L’animale dei primordi che non teme il giudizio.
Il lato oscuro che è quello potente, vero, senza pregiudizio o paura dell’ignoto. Il buio che porta la vita, perché nel ventre materno è sempre notte; il buio che non è assenza di luce, ma attesa della stessa. Il buio che ci nasconde non perché vigliacchi, ma perché bisognosi di respirare nel profondo, nell’oblio dei tempi.
Quell’oscurità che è il sonno della natura, di Madre Terra, che stanca cerca di ritemprarsi per potersi di nuovo donare a noi, figli inconsapevoli e bisognosi del suo abbraccio , che a volte è mortale, ma che nache nella morte ci riconsegna interi al nostro destino.
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